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Il crash test e la legge di Murphy: Che cosa hanno in comune?

Riguardo alla storia del #CrashTest non può non essere citato lo scienziato e ingegnere Edward Aloysius Murphy, proprio lui, quello delle citatissime ironiche #Leggi di Murphy.

La sua più celebre frase «Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo» (divenuta poi La Seconda Legge Murphy) fu pronunciata negli anni ‘50 proprio in occasione dei test di sicurezza che il Dottor John Paul Stapp, medico della US AIR FORCE, decise di fare su se stesso per valutare l’effetto delle alte sollecitazioni sul corpo durante l’uso dei nuovi aerei jet dell’epoca.

Vediamo che cosa ci dice la storia…

Già dopo la Seconda Guerra Mondiale sono stati realizzati i primi test su animali anestetizzati, cadaveri e volontari umani. John Paul Stapp decise di studiare in prima persona gli effetti dell’accelerazione e della decelerazione, tipiche dei nuovi aerei jet dell’epoca, sul fisico umano. Con il suo team di ingegneri realizzò una slitta dotata di un propulsore aeronautico che gli permise di raggiungere la velocità di 1000km/h in soli 5s per poi arrestarsi in meno di 1.5s. Per questo motivo è stato definito “l’uomo più veloce del mondo”. Durante i test su slitta, il dottor Stapp ha potuto raggiungere accelerazioni di 40g, con risultati a dir poco devastanti: fratture del collo e di numerose costole e distaccamento della retina. I suoi studi sono serviti a migliorare sensibilmente la sicurezza nell’aeronautica e nei trasporti in generale.

Qui entra in gioco lo scienziato e ingegnere Edward Aloysius Murphy, militare dell’United States Army Air Corps, responsabile del team di tecnici che aveva il compito di organizzare i test. A quell’epoca l’affidabilità dei test sperimentali non era quella attuale e nemmeno ci si aspettava che lo fosse. Particolarmente inaffidabile risultava il montaggio dei sensori da parte dei tecnici che spesso sbagliavano la modalità di assemblaggio rendendo sostanzialmente vano il test effettuato. Ciò porto Murphy a pronunciare: «Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.» In seguito, il Colonnello Stapp dichiarò “We do all of our work in consideration to the Murhpy’s law” (Fonte: The Fastest Man on Earth Why Everything You Know About Murphy’s Law is Wrong by Nick T. Spark).

Immagine tratta da https://www.flickr.com/photos/upnorthmemories/20828859560 (CC BY-NC-ND 2.0)

Immagine tratta da https://www.flickr.com/photos/upnorthmemories/20828859560 (CC BY-NC-ND 2.0)

 

L’evoluzione del Crash Test

Ma allora cosa c’entrano le leggi di Murphy con i crash-test? Anche se il settore in cui lavoravano Stapp e Murphy può sembrare molto lontano, il loro lavoro ha influenzato significativamente molti settori, tra cui anche la sicurezza nel settore automotive.

Da allora tanta strada è stata fatta nel campo della sicurezza grazie anche ai Crash Test che hanno variato il criterio di approccio. Si è passati dal primo approccio geometrico dove si associava la sicurezza passiva di un veicolo solamente al mantenimento dell’integrità strutturale del suo abitacolo, ad uno di tipo biomeccanico, collegata alla salute del conducente e dei passeggeri.

Mentre il primo era focalizzato sul mezzo e non sulla persona e risultava del tutto scollegato ai limiti di tolleranza umana a seguito di trauma da urto, in seguito, con criteri biomeccanici, si è passati a verificare, in caso di incidente, che le sollecitazioni subite dagli occupanti fossero inferiori ai limiti di tolleranza umana.

La biomeccanica è la materia che studia l’applicazione dei princìpi della meccanica ai sistemi biologici e, in particolare, analizza il comportamento delle strutture fisiologiche quando sono sottoposte a sollecitazioni statiche o dinamiche. Nello specifico, la biomeccanica degli impatti analizza le lesioni che possono verificarsi durante incidenti stradali e i relativi meccanismi che le provocano (forze ed accelerazioni agenti sulle varie parti del corpo). L’approccio biomeccanico offre quindi un concetto di sicurezza molto più completo, inteso come crashworthiness, o resistenza agli impatti: l’obiettivo è la mitigazione delle lesioni di un occupante di veicolo causate da un urto contro un ostacolo esterno oppure un altro veicolo.

Negli anni la #Crashworthiness analysis si è evoluta e dai soli crash test realizzati a fine progettazione di nuovi veicoli, quando ormai le possibilità di intervento sono limitate, si è passati ad introdurre tecniche di simulazione avanzata direttamente nella fase di studio: un tipo di analisi dove i crash-test vengono riprodotti virtualmente. Stiamo parlando della Simulazione non-lineare esplicita, una analisi che permette di analizzare il comportamento di ogni singolo componente durante un urto, come si deforma, quando collassa, come interagisce con gli altri componenti. Un punto di vista totalmente diverso rispetto al crash test realizzato in laboratorio dove l’analisi dei risultati permette solo di vedere gli esiti dell’impatto e dove il controllo di cosa succede durante l’urto è limitato dal numero e dalla modalità di posizione dei sensori e delle fotocamere (e grazie a Murphy sappiano come potrebbe andare a finire…). Senza contare che con la simulazione virtuale è possibile valutare l’influenza di nuove soluzioni strutturali in tempi relativamente brevi limitando la produzione di prototipi o simulacri che per gioco forza saranno rottamati dopo i test.

Con l’evoluzione del Crash test virtuale ci sarà un sempre maggior risparmio sia nei tempi che nei costi di progettazione e realizzazione del prodotto, con una sempre più alta qualità del veicolo.

Ci attende un futuro di veicoli estremamente sicuri? Difficile arrivare ad un 100% di affidabilità di un mezzo di trasporto, troppi i fattori imprevisti che possono ancora intervenire.

Quello che è sicuro è che oggi l’approccio virtuale è diventato indispensabile, un approccio che traccia la via di una progettazione sempre più predittiva. Noi ingegneri dobbiamo imparare ad affiancare le aziende nella loro progettazione intervenendo sempre più nelle fasi preliminari, anche già di ideazione e analisi di fattibilità di un progetto. Solo così saremo in grado, insieme di coniugare innovazione con sicurezza, economia con qualità.